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Cosmetici cruelty free: esistono davvero?

Cosmetici cruelty free: esistono davvero?

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Spesso mi sento dire che tutti i cosmetici sono “cruelty free” perché i test sugli animali sono stati vietati. Ma è davvero così? E cosa vuol dire veramente “cruelty free”?

Faccio un passo indietro: in Europa c’è un Regolamento — quindi una “legge europea”, obbligatoria e immediatamente applicabile per tutti gli Stati membri—che disciplina la questione. Si tratta del Regolamento 1223/2009, pienamente in vigore da luglio 2013, e in pratica dice che:

  • I prodotti cosmetici finiti non possono essere testati sugli animali
  • Gli ingredienti cosmetici non possono essere testati sugli animali
  • Qualora venissero scoperti nuovi ingredienti cosmetici, non potrebbero essere testati sugli animali

Tutto molto bello e molto giusto, ma come sempre un escamotage si trova, purtoppo.

Moltissimi ingredienti usati nei cosmetici vengono utilizzati anche in altri prodotti: ad esempio un tensioattivo, cioè una sostanza lavante, può essere messo dentro a un prodotto per l’igiene personale e dentro a un detergente per la casa, e la sperimentazione animale può essere necessaria per garantire il rispetto del quadro giuridico applicabile a tali prodotti”.

Questa ultima frase virgolettata non è mia, ma è della Commissione Europea: la trovi a pagina 9 di un documento che si chiama “Comunicazione della Commissione al parlamento Europeo e al Consiglio sul divieto della sperimentazione animale e di immissione sul mercato e sullo stato dei metodi alternativi nel settore dei prodotti cosmetici”.

Non contenti, quelli della Commissione continuano così: “Gli ingredienti utilizzati nei prodotti cosmetici saranno in genere soggetti anche agli obblighi orizzontali previsti dal regolamento REACH e la sperimentazione animale può, in ultima istanza, essere necessaria per completare i rispettivi dati.

CHE COS’E’ IL REGOLAMENTO REACH?

E’ un’altra “legge europea”, quindi ugualmente obbligatoria e immediatamente applicabile, esattamente come il Regolamento 1223/2009, e disciplina tutti gli ingredienti chimici usati in Europa, in tutti i settori produttivi: cosmetico, industriale, farmaceutico, alimentare, eccetera.

In pratica il tensioattivo del quale ti ho parlato prima potrebbe essere stato testato sugli animali per garantire la sicurezza del tuo sapone per i piatti, salvo poi essere stato usato anche per formulare il tuo shampoo!

Almeno in Europa un minimo di normativa c’è. Nel resto del mondo stanno messi molto peggio, ad esempio:

  • In Giappone: i test sugli animali sono obbligatori per testare i nuovi ingredienti cosmetici. Quando un brand giapponese lancia sul mercato la crema miracolosa con dentro un ingrediente nuovissimo, sviluppato nei loro laboratori fantascientifici, quel “miracolo” è stato testato sugli animali
  • In Corea del Sud — te ne parlo perché c’è un boom di prodotti cosmetici sudcoreani, sono quelli col packaging carinissimo e coloratissimo— hanno “manifestato l’intenzione di disciplinare la questione”, che tradotto significa #ciaone
  • Negli Stati Uniti — chi di noi non ha nella trousse un prodotto americano?!? — grazie alle pressione delle lobby ambientaliste e animaliste è stato presentato al Congresso l’Human Cosmetic Act e lì si è arenato nel 2014. Visti i recenti risultati elettorali prevedo tempi molto bui per gli animali da laboratorio negli States, e più in generale per tutto il Pianeta 🙁

TEST SUGLI ANIMALI: COME LI FANNO?

In cosa consistono i test dei cosmetici sugli animali? Sicura di volerlo sapere davvero? Se la risposta è sì, eccoli qui elencati:

  • Applicazione sulla cute rasata e/o ferita
  • Applicazione sulle mucose
  • Applicazione sugli occhi
  • Ingestione forzata
  • Iniezione sottocute

Niente male in quanto a sadismo.
Inutile dire che le alternative ci sono, ma hanno lo sgadevole difetto di essere molto più costose per l’azienda cosmetica. I test di replacement sono essenzialmente di due tipi: test in vitro e test su volontari umani.

Cruelty free vuol dire solo questo?

Ecco, qui inizia il vero dilemma, almeno a mio avviso.
Un cosmetico è considerato cruelty free se non è stato testato sugli animali (né il prodotto finito né i singoli ingredienti).
Per me, un cosmetico è DAVVERO cruelty free se — oltre a non essere stato testato sugli animali:

  • Non contiene ingredienti di origine animale
  • Non sono stati uccisi/feriti/maltrattati animali per produrlo

Il fatto che un cosmetico sia “naturale” non vuol dire che sia cruelty free. Qualche esempio:

  • la bava di lumaca: i prodotti che la contengono non sono cruelty free. Le chiocciole producono questa sostanza quando sono stressate, perciò per la produzione vengono messe
    all’interno di macchine vibranti: si spaventano – giustamente – e producono la bava. Peccato che nel processo parecchie lumache muoiano! Ho scoperto però che esistono metodi di estrazione alternativi e non cruenti, per i quali le lumache “sbavano” di piacere, come Homer Simpson davanti alle ciambelle. Quindi se proprio ti piace questo ingrediente cerca almeno le aziende che estraggono la bava attraverso l’utilizzo dell’ozono;
  • lo Squalene — bellissimo emolliente per la pelle, può essere estratto dall’olio di oliva o dal fegato degli squali (animali in via di estinzione). Se c’è scritto “squalene vegetale” o se il prodotto ha il bollino vegan, puoi stare tranquilla;
  • la Lanolina — viene usata come sostanza idratante e si estrae dalla lavorazione della pelle di pecora. Ovviamente la pecora dev’essere morta;
  • la Cheratina — usatissima nei prodotti per capelli, viene di solito estratta dalla criniera, dalle piume o dalle corna di diversi animali. Le alternative vegetali ci sono: l’olio di amla e le proteine della soia o del grano;
  • la Placenta — questa nemmeno la commento. Per ottenerla non muore nessun tenero animaletto, ma che schifo!
  • il Carminio — colorante noto sin dai tempi degli antichi
    Romani, si ottiene schiacciando un insetto rosso, la cocciniglia. Ne servono circa 70mila per produrre un chilo di colorante, che poi usano per il rossetto.

Mi rendo conto che da parte mia non è molto carino farti venire la nausea raccontandoti tutte queste cose schifide e di questo ti chiedo scusa. Ma credo che sia importante sapere cosa ci mettiamo in faccia. Un discorso a parte merita infine l’olio di palma: pur essendo vegetale NON È cruelty free perché il suo processo di estrazione comporta una deforestazione devastante e la conseguente distruzione dell’habitat di moltissime specie, primi tra tutti gli oranghi. Purtroppo oggi tante aziende cosmetiche lo usano in grandi quantità: nell’INCI lo trovi (di solito ai primi posti) come Palm Oil, come Hydrogenated Vegetable Oil, come Elaeis Guineensis Oil oppure nascosto nella dicitura Olus Oil, letteralmente “olio olio”, un mixi di oli vegetali composto per la maggior parte da frazionato di palma.

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